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AI Voice AudioBook: I promessi sposi. by Alessandro Manzoni

AudioBook: I promessi sposi. by Alessandro Manzoni

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I PROMESSI SPOSI

STORIA MILANESE DEL SECOLO XVII SCOPERTA E RIFATTA DA ALESSANDRO MANZONI

Illustrati con 40 tavole tratte da disegni originali di GAETANO PREVIATI E PRECEDUTI DA UNO STUDIO SU GLI ANNI DI NOVIZIATO POETICO DEL MANZONI DI MICHELE SCHERILLO

MILANO—ULRICO HOEPLI—EDITORE

I PROMESSI SPOSI

STORIA MILANESE DEL SECOLO XVII SCOPERTA E RIFATTA DA ALESSANDRO MANZONI

Illustrati con 40 tavole tratte da disegni originali di GAETANO PREVIATI E PRECEDUTI DA UNO STUDIO SU GLI ANNI DI NOVIZIATO POETICO DEL MANZONI DI MICHELE SCHERILLO

ULRICO HOEPLI

EDITORE LIBRAIO DELLA REAL CASA

MILANO

1905

PROPRIETÀ LETTERARIA

Tipografia Umberto Allegretti—Milano, via Orti, 2.

MICHELE SCHERRILLO

GLI ANNI DI NOVIZIATO POETICO DI ALESSANDRO MANZONI

INDICE DEI CAPITOLI DEL SAGGIO

I. Pag. VII II. Pag. IX III. Pag. XII IV. Pag. XVII V. Pag. XXIV VI. Pag. XXX VII. Pag. XXXIV VIII. Pag. XXXVIII IX. Pag. XLIV X. Pag. XLIX


Chiudendo il Discorso che prepose alla ristampa, per la Biblioteca Italiana del Le Monnier, dei Versi e delle Prose del Parini (1846), Giuseppe Giusti scriveva: «Così la Lombardia perdè il suo poeta; e non poteva cadere in mente, ai cittadini che lo piangevano, di consolarsene col caro aspetto d'un fanciullo di tredici anni che era allora in Milano, e che di lì a poco fu quell'uomo che tutti sanno. Dico di te, Alessandro mio; nè mi sarà imputato a vanità se ti rendo l'onore che t'è dovuto, con quella amorosa dimestichezza che volesti concedermi, della quale mi sento nell'animo un'alta compiacenza, temperata di rispetto e di gratitudine».

Nato a Milano, sul Naviglio di San Damiano—dalle parti dell'antico corso di Porta Orientale—, il 7 marzo 1785, da Pietro Manzoni, di nobile famiglia originaria di Barzio nella Valsassina in territorio di Lecco, e da Giulia, la giovane figliuola primogenita di Cesare Beccaria, il bambino Alessandro era stato mandato a respirare le prime aure vitali in un casolare a poca distanza dalla villa paterna del Caleotto, a Castello sopra Lecco. Il magnifico, vario, tenero paesaggio della mirabile costiera orientale di quell'ultima parte del «ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno»; lo spettacolo superbo di quei «monti sorgenti dall'acque ed elevati al cielo», di quelle «cime inuguali», di quelle «ville sparse e biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti»; l'armonia soave dell'Adda e dei torrenti scroscianti: riempirono l'occhio e l'orecchio di quel bambino, che lì appunto, in quell'angolo remoto e quasi segregato dal resto del mondo, avrebbe, nella balda virilità, immaginata la scena del Romanzo immortale. Anche lui, brianzuolo d'adozione, avrà allora imparato, in quei vergini anni, a distinguere di quei torrenti «lo scroscio, come il suono delle voci domestiche»; e le cime di quei monti si saranno allora impresse pur nella sua mente, «non meno che l'aspetto dei suoi più familiari».

Come non ripensare al Parini, e ai «colli beati e placidi» che cingono il vago Eupili, un po' più là, verso occidente, dietro i Corni di Canzo,

Alta di monti schiena, Cui sormontar non vale Borea con rigid'ale,

quando, nel Romanzo, ascoltiamo l'inno di nostalgia traboccante dall'anima dello scrittore; che sente battere all'unisono il suo col cuore della cara contadina d'Acquate, fiorente di «quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo»; che divide con Renzo la tenera commozione del riudire di tra il fogliame delle alte macchie di pruni, di quercioli, di marruche, la materna voce dell'Adda? «Oh beato terreno», «colli ameni», «clima innocente», aura

Rotta e purgata sempre Da venti fuggitivi E da limpidi rivi!

Oh «beata gente, vegeta e robusta»,

E i baldanzosi fianchi De le ardite villane; E il bel volto giocondo Fra il bruno e il rubicondo!

Oh l'inebriante profumo del timo, del croco, della menta selvaggia! Il solenne spettacolo del lago, giacente, nella notte senza vento, liscio e piano, così che parrebbe immobile «se non fosse il tremolare e l'ondeggiar leggiero della luna, che vi si specchia di mezzo al cielo»; e il sordo rumore del «fiotto morto e lento» che si frange sulle ghiaie del lido, e «il gorgoglío più lontano dell'acqua rotta tra le pile del ponte!».... E lo spettacolo, egualmente solenne, dei monti e del «paese rischiarato dalla luna, e variato qua e là di grandi ombre», dove l'occhio esercitato sa distinguere i villaggi, le case, le capanne

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