eBook Gratuito, Voce AI, AudioBook: Amore ha cent'occhi di Salvatore Farina

AudioBook: Amore ha cent'occhi di Salvatore Farina
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AMORE HA CENT’OCCHI
PARTE PRIMA.
I.
Il povero Ambrogio era propriamente sulle spine. Da un’ora, quel signor Cilecca della disgrazia andava in giro per le stanze con uno stuzzicadenti in bocca, la faccia contratta smorfiosamente per trattenere l’occhialetto sopra uno dei suoi occhioni da coniglio, e senza il menomo riguardo al conte Cosimo.
Anzi, pareva farlo a posta; sempre che doveva attraversare il salotto, dove il padrone di casa se ne stava seduto colla fronte nascosta nelle palme delle mani ed i gomiti appuntati a un tavolino, invece di rizzarsi sulla punta dei piedi, muoversi come un’ombra e dileguare, secondo consigliava Ambrogio collo esempio, quel signor Cilecca della disgrazia batteva i tacchi sul pavimento sonoro, o si piantava in osservazione dinanzi ad uno specchio, o faceva a voce alta una domanda a cui Ambrogio aveva già risposto.
— Di Francia, non è vero? chiedeva, picchiando colla nocca dell’indice sullo specchio.
Ambrogio faceva di sì col capo e si avviava verso l’uscio, sperando che l’altro si risolvesse a seguirlo nella stanza attigua.
— Non ha sofferto nulla, soggiunse il signor Cilecca dopo di avere esaminato lo specchio da tutti i lati e picchiatolo forte in più luoghi; l’avevano collocato in buona luce, e si è conservato bene; — la giustizia prima di tutto, — però la cornice è barocca, non è più di moda; ora usa il semplice... Sono vere porcellane di Sassonia, queste?
Ambrogio si rassegnò a staccarsi dagli stipiti dell’uscio per farsi vicino al suo interlocutore, proponendosi di richiamarlo alla osservanza dei riguardi dovuti alla sventura con una sua occhiata fulminea, o magari con un pugno nelle costole. Ma il signor Cilecca non vide l’occhiata, e non ricevendo il pugno che doveva avvalorarla, ripetè:
— Sono vere porcellane di Sassonia, queste?
— Verissime, hanno la marca di fabbrica, rispose Ambrogio guardando il conte Cosimo, che pareva impietrito.
— Vero... vero... ecco le spade incrociate, insistè l’altro..., ma, che vuole? in Francia e altrove si fanno delle imitazioni che costano la metà, anche colle spade.... un fabbricante intelligente non si arresta per così poco...
Non ricevendo risposta, tacque, ripose sulla mensola il vaso prezioso; lasciò cadere l’occhialetto e lo incastonò, superando mille difficoltà, sull’occhio destro, che gli serviva a quest’uffizio; socchiuse un tantino l’altr’occhio; incaricato di vederci per due, e disse forte, come se gli venisse repentinamente un’idea da stordito:
— Facciamo negozio, signor Cosimo?
— Facciamolo, benedett’uomo, facciamolo, si affrettò a dire Ambrogio, avventando da lontano un pugno ben intenzionato, che non poteva giungere fino alle costole del suo avversario; facciamolo, siamo qui per questo, ma lasci in pace il signor conte.
— Poverino! disse il Cilecca abbassando la voce appena il tanto da dimostrare luminosamente che egli, a tempo e luogo, sapeva fare un’opera di misericordia, — poverino! deve essere una grande afflizione! Io non l’ho provata, ma le assicuro, signor Ambrogio, che me la immagino!... Lei diceva dunque che si ha a fare negozio... ebbene, facciamolo, non dico di no; a questo mondo ci si viene...
Che cosa voleva dire il signor Cilecca? Nessuno lo saprà mai, perchè proprio in quel punto difficile della frase, l’occhialetto ribelle gli si staccò dall’occhio destro e gli cadde fra le mani, che erano esercitate a raccoglierlo.
— A questo mondo ci si viene come al mercato — mormorò Ambrogio.
Ma l’altro, intanto che adattava l’occhialetto alla sua cornice naturale, fece intendere con un gesto e con un risolino che, non avendo voluto dir questo, non rifiutava neppure l’interpretazione arguta.
— Ventottomila lire, mormorò il compratore.
Ambrogio velò solennemente il lampo dello sguardo, e disse ad occhi chiusi, alzando un tantino il capo verso il soffitto:
— Trentamila; si è detto trentamila, e saranno trentamila; se no, non ne facciamo nulla.
Quando Ambrogio riaprì gli occhi, fu stupito di vedere che il suo avversario si era chinato ad esaminare le gambe di un tavolino e non gli badava.
In quel punto s’udì un lieve rumore sulla parete dirimpetto, e fu visto il conte Cosimo scostare le mani dal volto e mettere sulle labbra un sorriso; subito dopo si aprì un uscio celato nella tappezzeria, ed apparve una giovine signora, una donnina bianca e dilicata, un ninnolo da salotto. Entrò sorridendo, cogli occhi sfavillanti, con mosse da bimba viziata; ma un po’ di impaccio era visibile anche nella sua disinvoltura.
Il conte Cosimo s’era rizzato; la giovine donna, senza guardarlo, e con un lieve tremito nella voce, cominciò a dire:
— La mamma... Ah! buon giorno signor Ambrogio — e s’interruppe per guardare curiosamente il signor Cilecca, che era quasi nascosto sotto il tavolino.
— Ebbene, la mamma?
— Ah! la mamma ti prega di mandarle cinquanta lire; ha comperato un’acconciatura di velluto cremisino, che sta veramente benissimo sui suoi capelli bianchi.
La signora, così dicendo, girava gli occhi di qua e di là, e non potè accorgersi del pallore del marito, il quale tolse da un portafogli un biglietto di banca e lo consegnò alla gentile messaggiera sforzandosi a sorriderle.
— Sai? disse la giovine donna spiegando il biglietto; l’ha comperata per fare un’elemosina... Come sta oggi, signor Ambrogio?
— Sempre bene, contessa Beatrice, e lei?
— Io benissimo; grazie — soggiunse, rivolgendosi di nuovo al marito, — che cosa devo dire alla mamma?
— Le darai un bacio per me.
Beatrice non si muoveva; il conte Cosimo la guardava in volto senza comprendere.
— O come farò a darle un bacio per te, se tu non me lo dai? — disse la signora con malizia.
Il marito guardò verso il signor Cilecca, il quale, tutto assorto nelle sue indagini, aveva l’aria di non veder nulla; si rizzò in piedi, prese fra le palme la testina bionda di sua moglie, e la baciò sulla fronte senza far rumore.
L’uscio della porta si aprì, sparve la donnina gentile, e il conte Cosimo
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